Hybrid Venice. Designing a Self-Portrait

 

Questo è un libro sul design, sulle forme di autorappresentazione e su Venezia, in un’epoca di accelerata trasformazione impastata di ansia, speranza, disorientamento e percezione di condizioni nascenti. In questo senso esso è anche, incidentalmente e simultaneamente, il catalogo della terza edizione della Venice Design Biennial.

 

“Questo libro dalla natura ibrida vorrebbe perciò rispondere a tre esigenze di fondo. In primo luogo, onorare il proposito che fin dalla sua origine ha contraddistinto la Venice Design Biennial: l’idea di presentare ai visitatori dei progetti espositivi di design in modo inerentemente integrato con l’esperienza della città. Vale a dire, sopra ogni altra cosa, l’atto del camminare. Venezia, più ancora che nei tratti fisici e urbanistici, è definita nel suo tessuto esperienziale dalla pratica del camminare. La velocità del cammino diventa una sorta di costante universale (anche le gondole e i vaporetti non se ne discostano troppo: nulla si sposta rapidamente a Venezia) che proietta una temporalità unica, sospesa, immediatamente avvertita da chi sbarca per la prima volta in città. L’obiettivo era che il visitatore incontrasse il design contemporaneo in una sequenza esperienziale in cui il contesto veneziano non costituisse un semplice fondale, ma un dispositivo di azione (camminare, attraversare ponti, ondeggiare su una barca o un pontile), percezione (la rifrazione della luce nell’acqua onnipresente, l’umidità, l’aroma salmastro) e riflessione, che interagisse coi contenuti delle mostre. Venezia, per il modo in cui è progettata [designed], è il con-testo, nel senso più forte del termine, di un testo costituito dalle mostre di design.


Ora, il presupposto implicito di questa visione era che l’esperienza in presenza costituisse il pilastro essenziale dell’intera iniziativa. Chiaramente, la crisi sanitaria ha fatto vacillarequesta certezza, mettendo per la prima volta al centro della scena progettuale l’esperienza da remoto, online. La domanda, dunque, è diventata: come restituire il con-testo della Venice Design Biennial, al visitatore che non può fisicamente raggiungere la città in questo momento storico? La risposta che ci siamo dati è che la rappresentazione del contesto reale della città non poteva funzionare da sola. Dovendo agire in uno scenario di fruizione in larga parte online (social, web, media), la rappresentazione del contesto reale doveva aprirsi, mescolarsi, ibridarsi, giocare un gioco visuale critico e autocritico in relazione con quello stesso scenario – il cui tratto distintivo è l’attraversamento incessante di campi visivi eterogenei, il mescolamento, la manipolazione, l’ibridazione, la dissoluzione delle cornici contestuali (passo da un mondo all’altro a distanza di una scheda di browser). La risposta non poteva essere che nelle immagini come campo di azione
che si apre al nuovo con-testo.

Le immagini di Venezia che osservate in alcune porzioni di questo libro non sono riproduzioni fotografiche di Venezia in senso abituale, bensì alterazioni visive dell’immagine/immaginario della città. Tali immagini [pictures] sono prodotte con il ricorso a tecniche di intelligenza artificiale come l’ibridazione a partire da vasti database di cui si può definire il “corredo genetico”, o la pura generazione di immagini da una stringa di testo. Ma anche tecniche ispirate all’hyperphotography, alla caleidoscopia, e a tutte le modalità di manipolazione
e postproduzione che l’avvento dell’equivalenza tra immagine e informazione configurata in byte ha originato. Quelle sequenze,
a tratti perturbanti e bizzarre, di una Venezia non esistente (This Venice Does Not Exist si chiamerebbe se fosse un progetto online), in quanto non vi corrisponde alcun luogo reale, vorrebbero essere il con-testo di questa Venice Design BiennialCome se, spostandovi da una mostra all’altra nel territorio di una città in cui non vi trovate fisicamente, attraversaste spazi percettivi connotati dagli stereotipi visuali di Venezia, fatti deflagrare nel flusso del consumo e del rimaneggiamento delle immagini online.

 

 

Forse, percorrere quelle calli e quei ponti visivi, per quanto insoliti, costituirà un’esperienza in fondo autentica del contesto veneziano in quest’epoca strana, in cui spesso non abbiamo potuto camminare nelle nostre città, ma solo osservare flussi visivi sugli schermi. Le fotografie delle mostre reali costituiranno invece delle specie di isole più rassicuranti, dove la presenza delle opere e delle installazioni è riprodotta “fedelmente”, se ha senso dire così, nel dialogo con gli spazi che li ospitano.

Il libro, che riconduce le immagini a una natura oggettuale, resta una forma di grande efficacia nel proporre un’esperienza da remoto in termini spaziali e temporali, ma collocata in confini contestuali meno permeabili rispetto alla fruizione online.

Questo libro, dunque, intende essere il catalogo di una manifestazione che si adatta strutturalmente alle mutate condizioni di esperienza delle mostre, e delle mostre di design in particolare, cercando di aprire un campo di riflessione in cui occorre che il design stesso prenda la parola.”

 

“Hybrid Venice. Designing a Self-Portrait” di Luca Berta, Francesca Giubilei. A cura di Venice Design Biennial.

Progetto grafico e immagini: Sebastiano Girardi Studio
Foto della mostra: Federico Floriani
Editore: Quodlibet Edizioni

Testi in italiano e inglese
2022, pp. 240. Indice completo qui.

Disponibile online su: Quodlibet, Amazon, ibs, Libreria Universitaria, La Feltrinelli, Ubik, e in molte librerie indipendenti.

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Contemporis ETS
Venice
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